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Libri

La “rivoluzione” interpretativa dei toponimi 

nella Destra Adige (e non solo) secondo il professor Paolo Boschi

I casi della vita portano, a volte, a inaspettate sorprese. Come quella di ritrovare persone delle quali si erano perse le tracce da moltissimo tempo. Dopo oltre mezzo secolo, 56 anni per l’esattezza, ho rivisto a ottobre 2024 Paolo Boschi, abitante allora come oggi a Volano, mio compagno di classe al mitico Ginnasio-Liceo “Antonio Rosmini” di Rovereto. Di lui sapevo soltanto che si era laureato in Lettere classiche all’Università di Padova. Ma ignoravo che si fosse interessato e s’interessasse di toponomastica e di linguistica, da studioso autonomo, cioè fuori dall’ambiente accademico. Attività di ricerca svolta parallelamente a quella di docente prima alle scuole medie, poi alle superiori.

Con grande curiosità e piacere, pertanto, ho sfogliato il corposo dizionario (824 pagine) “Il significato dei nomi locali nella Destra Adige”, che prende in considerazione centinaia di toponimi appartenenti a una decina di Comuni. La novità di queste ricerche, che fanno seguito a un recente volume dedicato ad altre località trentine, è illustrata nel lungo sottotitolo: “Modello interpretativo strutturale e verificabile che può essere applicato alla maggior parte dei toponimi antichi di tutto il territorio nazionale”. Nientedimeno.

A una prima scorsa dei nomi studiati – è il caso di dirlo – ho fatto un balzo dalla sedia, poiché si sono in un attimo disintegrate alcune mie certezze, elaborate negli anni attraverso la consultazione dei vecchi sacri testi, a cominciare da quelli del filologo-linguista Dante Olivieri o dal DETI, Dizionario degli etnici e dei toponimi italiani, comprendente circa 13.000 voci. Boschi, con rigore scientifico e pazienza certosina, rivisita infatti i toponimi della Destra Adige attraverso un originalissimo modello interpretativo che fa piazza pulita delle tradizionali ricerche succedutesi durante tutto il Novecento.

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Il modello è spiegato con dovizia di esempi nelle pagine introduttive. La principale lingua di riferimento non è più il latino, sul quale si sono sempre basati gli autorevoli studiosi del passato, bensì l’anglosassone, molto simile al longobardo e alle lingue ingevoni. Sono, queste, le lingue parlate dalle popolazioni barbariche che hanno invaso l’Italia nel Basso Impero e all’inizio dell’Alto Medioevo. Proprio in quell’arco temporale si formò la stragrande maggioranza dei nostri toponimi, che traggono il loro significato dalle caratteristiche fisiche dei luoghi, in particolare idrografiche. Soltanto in epoca successiva, a partire dall’anno Mille, essi quasi sempre vennero “latinizzati”, dando origine con impressionante frequenza – secondo l’autore – a equivoci, errate interpretazioni, ricostruzioni dotte ma non rispondenti al significato originario.

Un libro innovativo tutto da leggere e una tesi indubbiamente convincente. Sono molti gli spunti di riflessione per gli esperti, ma anche per coloro che si addentrano in una materia tanto complessa semplicemente spinti dalla curiosità. Per questo mi piace immaginare un pubblico confronto tra il professor Boschi e un linguista fedele alla tradizione. Il ricercatore controcorrente e l’accademia ufficiale… Qualcuno se la sente di organizzare l’incontro, magari a Rovereto? (Gino Banterla)


Paolo Boschi, Il significato dei nomi locali nella Destra Adige. Dizionario toponomastico dei Comuni di: Avio, Ronzo-Chienis, Brentonico, Mori, Isera, Nogaredo, Pomarolo, Villa Lagarina, Cimone, Aldeno e Garniga, pp. 824, Tipografia Baldo snc, Rovereto, 2024.

Chi fosse interessato all’acquisto del volume può contattare direttamente l’Autore via e-mail, paoloboschikw@gmail.com

La Valdadige  nel  cuore, 40 anni

del Gruppo culturale “El Casteleto”

1982-2022, un percorso lungo quarant’anni, 38 dei quali, fino all’agosto 2020, sotto la guida attenta e appassionata di Angelo Brusco, compianto presidente. Il Gruppo culturale “El Casteleto” di Dolcè ne ha fatta di strada, presentandosi puntualmente al pubblico con il quaderno “La Valdadige nel cuore”, titolo suggestivo che bene rappresenta la passione degli studiosi e dei cultori di storia locale che vi scrivono. L’ultimo numero è stato presentato il 10 settembre in una cornice d’eccezione, Villa Del Bene di Volargne.   

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Un numero ricchissimo di contributi e tutti di grande interesse: da quelli di Luca Gandini sul cinquecentenario del santuario della Madonna della Corona e sulla caduta della Serenissima dopo la battaglia di Rivoli, ai due di Renato Comerlati, che ripercorre i racconti di due umanisti del Quattrocento sulla Valdadige,  soffermandosi poi sul tema del viaggio nello stesso secolo attraverso una carta stradale e la vicenda di tre pellegrini. Lino Vittorio Bozzetto e Umberto Pelosio tornano sul tema dello strategico sbarramento militare allo sbocco della Valdadige, la piazza di Rivoli – Ceraino, approfondendo aspetti riguardanti l’artiglieria e la logistica. Altri autori del numero del quarantennale sono Luigi Ambrosi, Paolo Castelletti, Enrico Fuselli, Sergio Leali, Stefano Sandri, Pietro Montalti, Luciano Fasoli, Giovanni Viviani, Giuseppe Caurla. Non potevano mancare, come nei numeri precedenti, le voci dei poeti: il sempreverde “pioniere” Bepi Sartori, Bruno Castelletti, Giorgio Sembenini, Dante Zamperini, Bianca Emanuelli, Plinio Pasini, Mario Maimeri, Federico Bonsi.

André Massena
Duca di Rivoli

Il generale prediletto
da Napoleone


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Il nome di Massena è legato nella memoria collettiva alla

intitolazione della caserma di Forte Rivoli. Ma chi era il generale prediletto da Napoleone, il cui intuito fu determinante per la vittoria dei francesi sugli austriaci nella celebre battaglia del 14-15 gennaio 1797, tanto da essere poi nominato Duca di Rivoli? Luca Gandini ricostruisce a tutto tondo la figura dell'enfant chéri de la victoire in "Rivoli e il suo Duca: André Massena", editore Sometti (272 pagine, euro 18), un'opera documentatissima che ripercorre in 10 capitoli la vita e le imprese militari del generale napoleonico. "Con grande destrezza storica e con sicura capacità conoscitiva", scrive il professor Giancarlo Volpato nella prefazione, "Luca Gandini si è cimentato con un uomo che la storia militare non ha mai dimenticato e che tutti gli studiosi - soprattutto dell'età napoleonica - hanno considerato una fulgida presenza nell'Armée d'Italie".

Novecento, affresco di un paese

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Il sottotitolo “Un paese e la sua gente” spiega l’impostazione della ricerca pubblicata in “Rìole Novecento”, due volumi rispettivamente di 320 e 304 pagine, con 700 illustrazioni tra fotografie d’epoca e documenti d’archivio.  L’opera, autore Gino Banterla, ripercorre oltre un secolo di vita rivolese, dalla fine dell’Ottocento ai primi anni del XXI secolo. Il Novecento rivive come in un racconto attraverso una ricca documentazione: le testimonianze degli anziani, le foto di famiglia e i documenti d’archivio.

Suddivisi in 12 capitoli complessivi, i libri si aprono con un approfondimento che fa luce sull’antico toponimo Rivole (da cui la forma dialettale Rìole) e sulla trasformazione in Rivoli Veronese. Ad esso fa seguito una serie di interviste: i ricordi della seconda guerra mondiale, il lavoro nei campi, l’allevamento dei bachi da seta, la vita religiosa, i divertimenti nel tempo libero, gli anni della scuola e quelli del fascismo, l’arrivo della radio negli anni Trenta e della televisione negli anni Cinquanta. “L’alba del nuovo secolo” è il titolo del terzo capitolo, nel quale, attraverso i documenti dell’archivio comunale e alcune immagini inedite, emerge la difficile situazione economica, sociale e sanitaria vissuta dai nostri nonni e bisnonni, caratterizzata da condizioni di povertà estrema e dall’imperversare di malattie quali la tubercolosi e la pellagra. Una situazione che non migliorò negli anni della prima guerra mondiale, che vide 36 caduti. Alla fine del conflitto la pandemia della spagnola rese necessario l’allestimento di un ospedale militare nel palazzo di Corte Rizzoni, dove morirono decine di soldati. Grande spazio viene dato al ventennio fascista, quando il Consiglio comunale conferì la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Il regime fu accolto con favore dalla popolazione, come testimoniano alcune lettere inviate direttamente al Duce, ma solo oggi si viene a sapere – attraverso un documento inedito – che proprio a metà anni Trenta, in gran segreto, in una cava di Canale, vennero sperimentate armi chimiche. La seconda guerra mondiale, che costò alla comunità 29 caduti, dei quali vengono pubblicati i fogli matricolari, rivive attraverso alcune lettere di soldati morti al fronte o fatti prigionieri dai tedeschi e dagli angloamericani.

Il secondo volume si apre con l’altra faccia della guerra, cioè quella riguardante la vita a Rivoli soprattutto dopo l’8 settembre 1943, quando il territorio venne di fatto occupato dalle truppe naziste. Per la prima volta viene fatta piena luce sulle violenze ad opera dei tedeschi, sugli scontri di lotta partigiana, sui bombardamenti degli alleati che colpirono duramente alcune località. Un focus approfondito è dedicato alle emigrazioni: sono centinaia i rivolesi che, a partire dalla fine dell’Ottocento, hanno cercato fortuna nelle Americhe, in Australia, Francia, Germania, Belgio, Svizzera. Molti di loro non tornarono più al paese: si può ipotizzare, dati alla mano, che siano circa duemila i discendenti dei nostri emigranti nei vari paesi del mondo, praticamente un’altra Rivoli. Altri aspetti trattati nel secondo volume riguardano i traghetti sull’Adige (Perarola di Canale, Rivoli località Battello, Gaium località Rivolti, il porto militare alla Chiusa), la costruzione del canale Biffis, che nel tratto rivolese vide impegnati fino a 1.500 lavoratori, e la ricostruzione dopo la guerra. “Rìole Novecento” si chiude con il capitolo “Luci e ombre di fine secolo”: il boom economico, lo sviluppo caotico degli anni Sessanta e Settanta, le trasformazioni del territorio.

I DUE VOLUMI FUORI COMMERCIO (624 PAGINE COMPLESSIVE) RACCOLTI IN UN ELEGANTE COFANETTO SONO PUBBLICATI DAL COMITATO RIVOLI '97 E SONO IN DISTRIBUZIONE PRESSO L'EDICOLA TABACCHERIA DI RIVOLI VERONESE.

 

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